Federica, ci puoi raccontare quali sono le tue mansioni e gli ambiti di azione?
Gli ambiti di azione sono i più disparati. L’ufficio che coordino si occupa di predisposizione e adeguamento di contratti e accordi di partnership; offre supporto e consulenza legale ai membri del top management locale in relazione a operazioni straordinarie; svolge attività di assistenza e consulenza stragiudiziale specialistica in materia editoriale e assiste le redazioni delle testate giornalistiche del gruppo in caso di perplessità inerenti i contenuti editoriali.
Si occupa inoltre della gestione della segreteria sociale della società e del coordinamento degli studi legali esterni, quando coinvolti. Infine, fornisce aggiornamenti e spiegazioni, all’azionista e agli altri team legali, sulle tipicità dello scenario normativo italiano.
Esiste una "giornata tipo"?
È difficile descriverne una davvero rappresentativa. Il mio lavoro è molto vario perché ho a che fare con diversi interlocutori, aziendali ed esterni, e copro diverse aree tematiche. Quando sono nel mio ufficio a Milano, alterno riunioni con i responsabili di altre funzioni aziendali, con il CFO e il CEO, a conference call con l’estero, oltre a coordinare l’operato del mio reparto.
Ti capita di viaggiare all'estero per lavoro?
Sì. Hearst è un gruppo internazionale e il suo Office of General Counsel è presente in tutti i paesi dove ha sede Hearst. Questo anche perché è richiesta un’elevata condivisione e collaborazione tra i diversi team legali (oltre 50 avvocati nel mondo) per raggiungere i risultati frutto di un visione di business unitaria.
Quanto è strategico per una azienda poter contare su un valido ufficio legale? Non potrebbe affidarsi a uno studio esterno?
L’obiettivo strategico è quello di effettuare in-house gran parte delle attività legali, ricorrendo agli studi esterni prevalentemente per la gestione del contenzioso e per la gestione di temi dove è richiesta un’elevata competenza specialistica. Ciò non solo ai fini dell’ottimizzazione dei costi e delle risorse ma soprattutto per fare in modo che i requisiti e gli standard legali da soddisfare si coniughino con gli obiettivi di business da raggiungere.
In Italia si parla spesso di pari opportunità. Come donna manager pensi di aver avuto più difficoltà nel fare carriera rispetto a un collega uomo?
Personalmente direi di no, anche se è tanta la strada che devo ancora percorrere professionalmente. Credo che il tema della disparità di trattamento di genere sia un tema attuale che in Italia non ha ancora trovato una soluzione.
Sappiamo che prima di lavorare in azienda hai esercitato la libera professione in studi legali. A volte si ha l'immagine che il lavoro di avvocato sia più entusiasmante, tu cosa ne pensi?
Sono entrambe esperienze molto valide e stimolanti. Uno dei motivi per cui ho scelto l’esperienza “in-house” è la volontà di passare dal ruolo di consulente a quello di partner: ovvero non solo un avvocato ma un partner a servizio del business.
Sono molti i neolaureati in legge indecisi tra la libera professione e un lavoro come legal in azienda. Tu quale consiglio gli daresti per scegliere?
Ritengo che l’esperienza di in-house counsel debba essere preceduta da un’esperienza quale libero professionista in studi associati. Anche conseguire il titolo di avvocato credo sia un passaggio molto importante per consolidare il proprio background giuridico e avere maggiori opportunità di carriera.
Se uno di loro volesse seguire le tue orme o far parte del tuo ufficio, esiste una formazione specifica? O un aspetto caratteriale importante?
Versatilità, leadership, forte interesse multidisciplinare e doti comunicative sono skill imprescindibili, soprattutto oggi, in cui l’innovazione tecnologica e i cambiamenti legislativi e regolamentari avvengono molto velocemente e condizionano più che mai le scelte di business.