Ciao Francesco, dopo la laurea in Economia e Commercio a Napoli, hai scelto di proseguire gli studi con un MBA al MIP di Milano. Quanto e come ti è servita questa esperienza? Consiglieresti un master a un neolaureato di oggi?
Dopo le prime esperienze da neolaureato in due realtà del tessile e della moda quali Pashà e Phard, l’MBA è stata una svolta per la mia carriera. Il master mi ha fornito gli strumenti e le competenze per comprendere appieno le logiche di gestione di grandi aziende, nonché la possibilità di essere immerso in un clima multinazionale, con studenti e professori provenienti da tutto il mondo. L’MBA è un investimento in se stessi che comporta parecchi sacrifici, in primis quello di stare più di un anno lontano dal mondo del lavoro. Mi sento di consigliarlo non tanto ai neolaureati, ma a coloro che, come nel mio caso, hanno già alle spalle almeno due o tre anni di esperienze lavorative, perché permette di riportare immediatamente la formazione nel proprio vissuto.
Il tuo primo lavoro in una grande azienda è in Acer, dove in appena 8 anni sei passato da Market Research Specialist a Global Customer Experience and Brand Director. Come ricordi quell’esperienza? Puoi raccontarci qualche progetto significativo?
Dal punto di vista professionale mi sono prevalentemente formato in Acer, dove sono entrato in un momento particolarmente felice. L’azienda, in pochi anni, da piccola realtà del mercato dei PC, è diventata la numero due al mondo.
In questo contesto, con una struttura aziendale molto snella che favoriva la velocità e dava molto spazio all’iniziativa dei singoli, ho ricoperto diversi ruoli di crescente responsabilità. Ricordo con molta soddisfazione l’ideazione e il lancio della prima campagna pubblicitaria globale, Open Up del 2013. Il progetto veniva a valle di un riposizionamento di marca e ha implicato la gestione di diversi attori quali agenzie e colleghi dislocati in tutto il mondo (USA, UK, Taiwan, APAC). È stato un progetto molto stimolante ma anche piuttosto duro, con numerosi viaggi, call al mattino presto e a tarda sera, scadenze serrate, marcate differenze culturali e di vedute.
Con Open Up ho affrontato i numerosissimi aspetti che una campagna così ampia porta con sé (pitch, brief, strategia, creatività, pianificazione, budget, shooting e creazione materiali, adattamenti e traduzioni, ecc.), sempre con l’obiettivo finale di fare il meglio per il brand e l’azienda.
Oggi lavori in Candy Group. Come è stato il passaggio? Avevi bisogno di nuovi stimoli?
Esattamente. Dopo otto anni avevo voglia di un cambiamento e l’offerta di Candy Group è arrivata nel momento giusto. Non ho potuto resistere alla prospettiva di lavorare per un gruppo italiano, tra l’altro proprio nel suo quartier generale dove i prodotti vedono la luce, e di potermi occupare di Candy – uno dei brand italiani più noti non solo nel nostro Paese ma anche all’estero – e di Hoover, uno dei pochi marchi al mondo con più di cent’anni di storia.
Puoi spiegarci in sintesi di cosa ti occupi oggi nello specifico?
In poco più di un anno ho seguito tante attività. Il mio non è un lavoro routinario, ma più di progetto. Il più importante è quello che ci ha portato alla definizione della strategia multibrand che il gruppo ha deciso di perseguire per raggiungere i suoi obiettivi di crescita. Nella prima fase abbiamo condotto una ricerca sui consumatori in svariati Paesi che ci ha permesso di segmentare il mercato in diversi cluster. Nella seconda fase abbiamo definito chiaramente a quali target rivolgerci con ciascuno dei nostri marchi e di conseguenza ne abbiamo definito e formalizzato il posizionamento, con la creazione delle relative brand guideline. Questo lavoro è oggi alla base dello sviluppo prodotto e della comunicazione.
Quali sono gli elementi fondamentali delle marche di successo?
I brand sono delle “entità” con una propria personalità e con un proprio bagaglio di storie, valori ed esperienze, frutto del modo in cui l’azienda decide di agire. Così come le persone scelgono amici e partner sulla base dell’affinità, della condivisione di valori e della fiducia, così i consumatori decidono con quali marche relazionarsi per motivi molto simili.
Da ciò derivano due cose per me fondamentali. Innanzitutto è naturale che, come noi non abbiamo e non vogliamo avere relazioni con tutti, allo stesso modo, un brand non può pensare di conquistare ogni consumatore. In secondo luogo, se un’azienda vuole instaurare relazioni durature con i propri clienti deve comportarsi con autenticità e coerenza. Le marche più citate in letteratura e che tutti ammiriamo, sono quelle che hanno saputo focalizzarsi e che fanno della “consistency” un mantra perseguito con disciplina, resistendo alle tentazioni, per esempio, di far prevalere obiettivi di breve rispetto a quelli di lungo termine, di agire sempre con iniziative tattiche anziché strategiche, di dire troppo e/o di dirlo con una voce differente.
Qual è l’aspetto che ti piace di più del tuo lavoro?
Amo il mio lavoro. Amo tenermi aggiornato e imparare nuove cose, scoprire i trend e capire il consumatore per offrigli prodotti, servizi, soluzioni o messaggi pensati per lui. E soprattutto mi piace quella continua ricerca del giusto equilibrio tra arte e scienza che ritengo essere alla base di un buon marketing.