Sappiamo che ciò che distingue l’uomo dalla macchina sono i sentimenti, ma capita spesso che ci venga consigliato di non mostrare quello che proviamo durante i colloqui, per non essere valutati come eccessivamente emotivi e succubi dello stress.
Pensando ai recruiter, però, siamo sicuri che chi ci intervista non capisca quanta tensione si possa provare? Non sono passati anche loro nella fase dell’analisi approfondita del loro background prima di iniziare a chiedere ai candidati di raccontarsi?
Gli HR scoprono sulla propria pelle quali sono le naturali reazioni alla paura e al disagio quando sono loro stessi a cercare lavoro.
Fino a qualche anno fa si credeva che chi incrocia le gambe, si stia chiudendo a riccio. I recruiter più preparati, però, non andranno a controllare quelle che oggi vengono chiamate “posizioni di comfort”, proprio perché sono semplici comodità per il singolo e non segnali universali di come ci si senta in un preciso momento.
Ovviamente una cosa importante è non crollare in ufficio e non lasciarsi andare a esplosioni emozionali come il pianto immotivato causato dall’ansia o il riso incontrollato che nasce dal disagio.
L’intelligenza emotiva, di cui tanto si parla negli ultimi tempi, è quel quid in più che vi porta a trasformare i vostri sentimenti e le vostre reazioni distruttivi in propulsori positivi.
Alla scrivania siete come pittori, sportivi ed artisti
Ci sono diversi modi per sfogare le proprie emozioni: un esempio possono essere gli sport. Lo sport richiede impegno, costanza e in alcuni casi creatività. Correre una maratona, partendo alla vostra massima velocità, solo perché prima di uscire avete rovesciato il caffè, di sicuro non vi aiuterà ad arrivare primi al traguardo.
Quindi, sfruttate i vostri impulsi per ottenere migliori risultati in azienda. Quando provate una nuova sensazione non nascondetela, ma accoglietela, elaboratela e ricordate che da arrabbiati siamo tutti più veloci, da allegri siamo più creativi e da felici sentiamo meno stress e stanchezza.
Esistono molti pittori che traspongono le loro sensazioni sulla tela. Se la rabbia può aver creato un quadro come la “Guernica” di Picasso o la paura dato vita a opere come “L’urlo” di Munch, pensate a cosa potrebbe fare la gioia applicata al vostro lavoro quotidiano.